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La prima legge di Bilancio, valida per il triennio 2017-2019 e chiamata a sostituire da quest’anno la legge di Stabilità,

può vantare più di un record: il più rapido iter parlamentare di approvazione (discussione effettiva sul testo in soli 10 giorni); un via libera con una “fiducia tecnica” con esame “monocamerale”, solo quello della Camera. Il Senato, ieri , si è limitato a ratificare il testo licenziato da Montecitorio prima del referendum costituzionale. Un passaggio che ha regalato al Governo Renzi dimissionario la sua ultima fiducia, con 173 voti favorevoli e 108 contrari, seguita dal «sì» definitivo sull’intero provvedimento (tabelle incluse) con una maggioranza che si è ridotta a 166 voti inclusi quelli dei 13 senatori “verdiniani” contro 70 no e un astenuto.
Si tratta di una manovra da 27 miliardi di euro e che si poggia su tre pilastri: gli investimenti pubblici e privati, questi ultimi immediatamente operativi a partire dal 1° gennaio con la proroga del super ammortamento al 140% e i nuovi iperammortamenti al 250% per i beni tecnologici di “Industria 4.0”, le pensioni e gli interventi per la famiglia, a partire dal discusso bonus bebè, quello per gli asili e la “no tax area” per gli studenti universitari. A questi si aggiungono alcune misure di peso sul fisco a partire dalla sterilizzazione della clausola di salvaguardia per il 2017 con gli aumenti dell’Iva per oltre 15 miliardi, la piena operatività del taglio di 3,5 punti dell’Ires (dal 27,5 al 24%), l’arrivo dell’Iri con aliquota al 24% per le piccole imprese e il regime di cassa per le ditte in contabilità semplificata. Sul fronte della lotta all’evasione il Governo uscente si è giocato anche la carta della lotteria dello scontrino oltre alla tracciabilità delle spese dei servizi per i condomìni.
Una legge che però dovrà fare anche i conti con una lunga serie di correttivi che sono rimasti nel cassetto proprio per l’accelerazione imposta al via libera dalla crisi di Governo (si veda Il Sole 24 Ore di ieri) e dovrà misurarsi anche con la capacità che avrà il nuovo Governo di renderla immediatamente operativa anche nelle parti in cui vengono richiesti provvedimenti attuativi tra cui quelli per far partire il “Gruppo Iva”, gli Anticipi pensionistici (Ape social e Ape di mercato), il sostegno ai lavoratori precoci e a quelli usuranti, o ancora la ripartizione del fondo da 5 miliardi per gli investimenti pubblici, nonché i contenuti degli scontrini e delle ricevute per la lotteria e le ripartizioni dei fondi per gli enti locali e quelle per le scuole che accolgono alunni con disabilità per citarne solo alcuni.
Guardando all’impatto della manovra, la legge di Bilancio 2017 muove risorse nette per 22,5 miliardi, in termini di minori spese e maggiori entrate, a fronte di impieghi (più spese e minori entrate) per 34,5 miliardi, con un aumento dell’indebitamento netto dell’anno prossimo di 11,9 miliardi. Sono raccolte in una manciata di milioni le variazioni a questo livello di saldo le novità introdotte alla Camera, emendamenti tutti coperti e che il Senato s’è limitato a “fotografare” chiudendo in tempi record la sessione di bilancio. Tenendo conto degli effetti combinati della legge di Bilancio e del decreto fiscale, l’indebitamento netto programmatico per l’anno venturo si collocherebbe al 2,3% (dal 2% indicato nella Nota di aggiornamento, vista la scelta fatta da Governo di misurare l’impatto macroeconomico anche delle misure adottate per fronteggiare l’emergenza migranti e le spese del dopo-sisma). Su queste margini di nuova flessibilità di bilancio il confronto con Bruxelles è tutt’altro che chiuso per un manovra che, a fronte di una stima di Pil reale in crescita dell’1% nel 2017 (contro lo 0,8% previsto per quest’anno), dovrebbe determinare un effetto espansivo sul Pil nominale dello 0,15% nel 2017, 0,25% nel 2018 e 0,10% nel 2019. La relazione tecnica che accompagna le misure indica un effetto moltiplicatore pari a 3 tra il 2017 e il 2018 (tra i 350 milioni e il miliardo) e di ordine 2 tra il 2018 e il 2019 (da 1 a 2,2 miliardi); stime giudicate ambiziose ma non impossibili sia da Bankitalia sia dall’Ufficio parlamentare di Bilancio in sede di audizione.
Spinta che arriverà, ad esempio, dal pacchetto di misure ribattezzate «Industria 4.0». Misure che sono tutte, o quasi, autoapplicative, ossia non necessitano di attendere provvedimenti o regolamenti di sorta che potrebbero solo rinviare nel tempo gli effetti sulla crescita. Tra questi la proroga del super-ammortamento” al 140% per l’acquisto di beni (veicoli ed altri mezzi di trasporto beneficiano di una maggiorazione al 120%), l’arrivo del nuovo iper-ammortamento fino al 250% sugli investimenti in tecnologie, agrifood, bio-based economy, a supporto dell’ottimizzazione dei consumi energetici, il raddoppio del credito di imposta per ricerca e sviluppo (aliquota spesa interna dal 25% al 50%) e massimale annuo di spesa da 5 a 20 milioni. A questi si aggiungono la partecipazione di Cassa depositi e prestiti a supporto di “Industria 4.0”, con mediante la costituzione di Fondi di investimento dedicati all’industrializzazione di idee e brevetti ad alto contenuto tecnologico, l’incremento della detrazione fiscale (fino al 30%) per investimenti fino ad 1 milione in start-up e Pmi innovative. Sul fronte lavoro spicca invece lo scambio salario-produttività attraverso un innalzamento dei tetti all’attuale detassazione.
Infine, ancora le pensioni: per rendere operative le nuove flessibilità in uscita vanno adottati tre Dpcm e un decreto ministeriale, mentre per far scattare le adesioni all’ottava salvaguardia-esodati servirà una circolare Inps in gennaio. La maggiore spesa previdenziale che s’innesca, soprattutto con le nuove 14esime, dovrebbe a sua volta garantire un contributo al rafforzamento della domanda interna e, in definitiva, alla crescita

(articolo tratto dal Sole24Ore)

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